Il Vittimismo

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Che cos’è il vittimismo

Cosa ci succede quando sembra che tutto il male del mondo succeda solo a noi.

“Eh ma io sto peggio”, “Mi succedono solo cose brutte”, “Beato te, io invece sono sempre sfortunato”…  Vi siete mai ritrovati a pensare di essere sfortunati più degli altri? Oppure, conoscete qualcuno che lo pensa di sé stesso? Questi sono i tratti distintivi di una persona “affetta” da vittimismo.

Nella modalità del vittimismo, i pensieri negativi ricorrenti ci sequestrano e ci impegnano emotivamente. Abbiamo la sensazione che i problemi si ingigantiscano sempre più, senza portarci ad una soluzione.

Cerchiamo di capire come funziona la modalità del vittimismo per riuscire ad essere critici nei confronti di questi pensieri. 

Vittimismo: cosa succede nella nostra mente

Per risparmiare energie, la mente tende a creare degli schemi per tutto. È un’economia psichica. Sembra una contraddizione, ma anche quando il cervello moltiplica i problemi (distorsione cognitiva) lo fa per risparmiare energie!

La mente agisce sempre in “protezione”, aumentando i livelli di sicurezza facendoci stare in allerta continua e generando ansia anticipatoria nei confronti di qualsiasi cosa.

Quando siamo in questo stato, la concentrazione è totalmente focalizzata nella ricerca di soluzioni. È però facile così incappare in disattenzioni tali da indurci ad entrare nella categoria dell’oggi va tutto storto. Senza soluzione alcuna.

Questo fenomeno si chiama distorsione cognitiva.

Dentro di noi avviene una selezione inconsapevole delle situazioni che viviamo: le generalizziamo, facciamo rientrare ogni cosa che ci accade nella categoria “problema” per confermare che il mondo è contro di noi. 

Elaboriamo in maniera distorta le informazioni che provengono dalla realtà, siamo convinti che il mondo che non gira come dovrebbe. Il nostro stato emotivo predomina sulla razionalità in modo disfunzionale e aderiamo a credenze e paure irrazionali che non hanno alcuna validità. Tendiamo a semplificare le situazioni e classificarle esclusivamente come positive o negative senza tenere conto delle sfumature, anche se i dati di realtà non confermano i nostri pensieri.

Le radici del vittimismo

Il vittimismo solitamente ha origine nell’infanzia, nei casi in cui al bambino non era permesso fare esperimenti, conquiste, sbagliare ed imparare nel tentativo di modificare una situazione qualsiasi. I genitori avevano sempre pronta la soluzione.

Questa dinamica genera un senso d’inefficacia e d’impotenza. Piuttosto si fa pratica nel subire le decisioni, le soluzioni altrui, non potendo mai mettersi in gioco.

Chi vive nella posizione di vittima non ha avuto modo di sperimentare il potere e l’efficacia del proprio intervento nel mondo. Ha sviluppato un pensiero polarizzato, non ha la percezione di avere controllo sugli eventi. Continua a porsi nei confronti del mondo come il bambino che non ha risorse

L’”eterna vittima” ha anche comportamenti manipolatori a vari livelli di rigidità. Si lamenta, si sfoga, critica e pretende ascolto. Quando l’altro espone un problema, si sottrae, chiude, lo ignora. Si sottrae a qualsiasi responsabilità.

Spesso assumere il ruolo di vittima può portare alcuni vantaggi ai quali difficilmente si rinuncia, come la richiesta di cure, attenzioni e ascolto che appare legittima. Ci si lamenta perché si è sempre la persona più danneggiata e sofferente, ma anche la più forte nella sua posizione. Fino a quando però non si rimane soli.

Qualche esercizio

Per chi è nella posizione di vittima: come organizzare un pensiero flessibile

Il disturbo cognitivo poggia su vissuti emotivi non risolti che hanno mortificato il narcisismo sano e le potenzialità creative del pensiero.

Quindi:

  • assumere una prospettiva nuova e diversa su sé stessi considerandosi agenti della propria storia;
  • assumersi la responsabilità di affrontare le cose diversamente;
  • intervenire sul linguaggio interiore sostituendo tutte le parole “estreme” con altre possibilistiche;
  • smettere di richiedere attenzioni e cure dagli altri;
  • non dimenticare che abbiamo la facoltà di scegliere come affrontare i problemi;
  • ricordare che si è responsabili del tentativo di autocommiserazione o della richiesta di compassione, e del senso di colpa che allontana le persone;
  • dare valore a sé stessi, dare fiducia e sperimentarsi.

Per chi è in contatto con questo tipo di persone: evitare di cadere nelle manipolazioni

  • non lasciarsi incastrare dai ricatti;
  • l’ascolto, l’attenzione, la cura hanno un valore e non possono essere cancellati dall’indifferenza o da un ritorno a lamentarsi;
  • il vostro tempo ha valore allo stesso modo, per voi e per gli altri;
  • accondiscendere alle aspettative di chi si sente vittima rinforza questo atteggiamento;
  • non aderire ai sensi di colpa che la vittima instilla.

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