Niente è impossibile: possiamo sempre intervenire

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]Spesso, nella maggior parte delle situazioni che percepiamo pericolose, ci sentiamo impotenti e senza strumenti per poter intervenire, e adottiamo quindi per abitudine, per sentito dire, per inconsapevolezza o per cultura delle modalità di approccio inadeguate alla situazione

Diceva Freud, «Siamo minacciati dalla sofferenza da tre versanti: dal nostro corpo,  condannato al declino e al disfacimento e che non può funzionare senza il  dolore e l’ansia come segnali di pericolo; dal mondo esterno, che può  scagliarsi contro di noi con la sua terribile e formidabile forza distruttiva;  infine, dalle nostre relazioni con gli altri». 

Il mio obiettivo è sempre la ricerca dell’armonia tra i nostri strumenti interiori, cioè quello che la natura ci ha donato ma che spesso dimentichiamo di avere, e la nostra possibilità di intervenire nelle situazioni grazie all’istinto di sopravvivenza e alla capacità di adattamento. Volevo continuare a scrivere su quante volte è possibile intervenire in maniera efficace alla ricerca della soluzione a un problema, ma mi è  venuto in mente l’esempio, a mio avviso più significante, di mettere al mondo un figlio, partorire.

Il parto: la natura che spaventa

Ci è stato detto, da sempre, che partorire è doloroso. Senza dubbio è un’esperienza impegnativa in tutti i sensi, un evento fisiologico, psicologico e sociale che le donne devono affrontare per avere un figlio. 

In questo senso dovremmo essere adeguatamente pronte, equipaggiate dalla natura per affrontare tale esperienza con le nostre forze. 

Cosa accade fisiologicamente e come possiamo intervenire

Nel momento del travaglio, quando il dolore diventa sempre più intenso, dobbiamo accompagnare ciò che il nostro corpo affronta con il respiro. Se ci pensate, una volta nessuno ci insegnava a respirare, erano atti spontanei e naturali. Oggi invece possiamo intervenire sul dolore poiché esistono le tecniche di rilassamento e di respirazione per gestirlo. Abbiamo dimenticato di respirare nella normale quotidianità figuriamoci in un momento così impegnativo della nostra vita!  

Gli ormoni

Durante il travaglio, gli ormoni giocano un ruolo importantissimo, alternandosi ed equilibrandosi tra: 

  • l’ossitocina, l’ormone che provoca le contrazioni uterine, è lo stesso che interviene nell’orgasmo;
  • le endorfine, responsabili delle sensazioni di rilassamento e di piacere che seguono l’orgasmo. 

Cortisolo e adrenalina invece, attivano la neo-mamma a partecipare. Se si è impaurite, ansiose, questo equilibrio può cadere, innalzando la produzione di questi due ormoni che impediscono la produzione di ossitocina ed endorfine. 

Ad ogni sensazione di dolore segue una pausa, dove le endorfine permettono di recuperare le forze tra una contrazione e l’altra e, concentrandosi anche nel liquido amniotico, raggiungono il bambino, proteggendolo dal dolore. Inoltre, l’alternanza di queste fasi permette ai polmoni del bambino di prepararsi alla respirazione, una volta uscito, attraverso i movimenti di contrazione ed espansione.

Le contrazioni

Perché i muscoli pelvici possano aprirsi è necessaria una situazione di rilassatezza e sicurezzaI tessuti si preparano al passaggio e all’uscita del bambino. Grazie alle contrazioni, il collo dell’utero si centralizza, si raccorcia e si dilata progressivamente fino a raggiungere la dilatazione completa. Intanto, per compiere questa decisiva e difficile operazione, il bimbo riduce naturalmente le sue dimensioni flettendo il mento verso il torace e compiendo delle rotazioni parziali per adattare le sue dimensioni a quelle del bacino della mamma. Il rilassamento della muscolatura, oltre che favorire il parto, evita ulteriore dolore. 

La percezione del dolore nel parto è amplificata dall’aspetto simbolico e psicologico dell’evento se non siamo pronte, prese dall’ansia e dalla paura  

Sul dolore del parto si proiettano, in altre parole, molte concezioni e condizionamenti culturali, che possono alterare la sensibilità, la soglia e il grado di sopportazione del dolore.

Sono quindi diversi i fattori che ci inducono ad una reazione piuttosto che ad un’altra: dalle caratteristiche personali, al contesto, alla cultura, al mondo sociale, fattori che concorrono alla scelta del tipo di risposta che ognuno di noi utilizza quando si trova in una situazione difficile, in cui percepisce un pericolo e una minaccia alla propria sicurezza.  Ed è proprio per questo che, di fronte allo stesso tipo di evento, le persone reagiscono in maniera differente, dando origine, appunto, a diverse e complesse reazioni.

In realtà in moltissime situazioni in cui ci sembra di dover subire, abbiamo sempre l’alternativa di poter intervenire. 

Il guardare una situazione come ad un problema e la presenza di uno stato d’animo negativo può distorcere le nostre percezioni, limitandoci a pochi possibili “movimenti”. La conseguenza di una gestione limitata può portare a dei sintomi, ma questi sono manifestazioni che ci aiutano a rintracciare quegli squilibri profondi che danno origine ai vari stati d’animo negativi. 

Per “curarsi” è necessaria una certa dose di consapevolezza e buona capacità di autocritica. Spesso, l’origine dei nostri problemi emotivi ed affettivi dipende da una cattiva o non adeguata trattazione di certe situazioni. Come abbiamo visto, abbiamo tante risorse di cui spesso ci dimentichiamo o addirittura che non sappiamo di avere.

Le nostre alternative al senso d’impotenza nei confronti di situazioni impegnative esistono, cerchiamole![/vc_column_text][vc_separator][vc_column_text]Se ti ritrovi in una situazione simile a quella sopra descritta, se hai bisogno di un sostegno psicologico, sono disponibile ad aiutarti. Qui trovi tutti i miei recapiti.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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